Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

domenica 17 giugno 2012

Atteggiamento critico costruttivo rispetto alla Rio +20.


Leonardo Boff (*)
Credo che dobbiamo sviluppare tre atteggiamenti di fronte alla Rio +20.
Il primo è coscientizzare coloro che prendono decisioni e tutta l’umanità intorno ai rischi a cui sono sottoposti il sistema-Terra, il sistema-vita e il sistema-civiltà. Le guerre attuali, la paura del terrorismo e la crisi economico-finanziaria nel cuore dei paesi centrali stanno facendoci dimenticare l’urgenza della crisi ecologica generalizzata. Gli esseri umani e il mondo naturale stanno in una pericolosa rotta di collisione. Non serve a niente garantire uno sviluppo sostenibile e verde se non garantiamo innanzitutto la sostenibilità del pianeta vivo e della nostra civiltà. Questa coscientizzazione deve essere fatta a tutti i livelli, dalla scuola elementare all’università, dalla famiglia alla fabbrica, dalla campagna alle città.

Il secondo atteggiamento ha a che fare con uno spostamento e un’implicazione che bisogna fare. È necessario spostare la discussione dal tema dello sviluppo al tema della sostenibilità. Se si resta nello sviluppo rimaniamo presi nelle maglie della sua logica che consiste nel crescere sempre di più per offrire sempre più numerosi prodotti di consumo per l’arricchimento di pochi al costo del super sfruttamento della natura e della emarginazione della maggioranza dell’umanità. Una ricerca seria nell’dell’Istituto Federale Svizzero di Ricerca Tecnologica (ETH) del 2011, ha rivelato la tremenda concentrazione di ricchezza e di potere in pochissime mani: sono 737 corporazioni che controllano l’80% del sistema corporativo mondiale, mentre lo zoccolo duro di 147 controlla il 40% di tutte le corporazioni a maggioranza finanziaria. Insieme a questo potere economico viene il potere politico (influenza i destini di un paese) e il potere ideologico (impone idee e comportamenti). L’impronta ecologica della Terra ci fa sapere che questa ha già oltrepassato del 30% i suoi limiti fisici. Forzarli significa obbligarla a difendersi. E lo fa con tsunami, inondazioni, siccità, eventi estremi, terremoti e il riscaldamento globale. E anche con le crisi economico-finanziarie comprese nel sistema-Terra viva. Il tipo di sviluppo vigente è insostenibile. Vani sono gli aggettivi che gli possiamo aggiungere: umano, verde, responsabile e altri. Portarli avanti a qualsiasi costo, come ancora propone il testo base dell’Onu, ci avvicina all’abisso senza ritorno.

Spostarsi sul tema della sostenibilità significa creare meccanismi e iniziative che garantiscano la vitalità della Terra, la continuità della vita, la soddisfazione delle necessità umane delle presenti e delle future generazioni, di tutta la comunità di vita e la garanzia che potremo preservare la nostra civiltà. Questo concetto di sostenibilità è più vasto del concetto di sviluppo semplice e duro.

Per raggiungere tale proposito, è necessario un nuovo sguardo sulla Terra, un re-incantamento del mondo e un nuovo sogno. Questo significa inaugurare un nuovo paradigma. Se anteriormente, il paradigma era di «conquista» e di «espansione», adesso, a causa degli alti rischi che corriamo, dovrà essere di «cura» e di «responsabilità» globale. Abbiamo bisogno di assimilare una visione della Carta della Terra che propone tali atteggiamenti nel quadro di una visione olistica dell’universo e della Terra. Questa vede il nostro pianeta come vivo, con una comunità di vita unica. È frutto di un vasto processo di evoluzione che dura ormai da 13,7 miliardi di anni. L’essere umano appare come un’espressione avanzata della sua complessità e interiorizzazione. Questo ha la missione di curare e preservare la sostenibilità della natura e dei suoi esseri.

Questa visione sarà effettiva se sarà più che uno spostamento di modi di vedere. La scienza non produce saggezza ma solo informazioni. Cioè, non offre una visione globale e integrante della realtà interiore e esteriore (saggezza) che motivi verso la trasformazione. Per questo deve venire accompagnata da impegno di una emozione fondamentale. È necessario fare una lettura emozionale dei dati scientifici, perché è l’emozione, la passione, la ragione sensibile cordiale che si muoveranno all’azione. Non basta prendere conoscenza. Abbiamo bisogno di coscientizzare noi stessi, nel senso di Paolo Freire, armarsi di indignazione e di compassione e mettere mano all’opera.

Pertanto, insieme alla ragione intellettuale, indispensabile, che ha predominato per secoli, ci tocca riscattare la ragione sensibile e emozionale che era stata relegata ai margini. E essa e la nicchia dell’etica e dei valori. Ci fa sentire il dolore della Terra, la passione dei poveri e l’appello della coscienza per superare queste situazioni con un’altra forma di produrre, di distribuire e di consumare.

Il terzo atteggiamento è di lavoro critico e creativo «dentro al sistema». Già è stato detto: i vecchi dei (la conquiste e il dominio) non sono ancora morti e i nuovi (cura e responsabilità) non sono ancora nati. Siamo obbligati a vivere in una nicchia del tempo: con un piede dentro al vecchio sistema, lavorare e guadagnare la nostra vita nell’ambito delle possibilità che ci vengono offerte; e con l’altro piede dentro al nuovo che stava spuntando da tutte le parti e che assumiamo come il nostro. Ci sono molti ricettivi che possono essere implementate e che additano il nuovo.

Fondamentalmente è necessario ricomporre il «contratto naturale». La Terra è la nostra grande madre, come è stato approvato all’Onu il 22 aprile 2009. Essa ci dà tutto quello di cui abbiamo bisogno per vivere. La contropartita da parte nostra dovrebbe essere il ringraziamento nella forma di cura, venerazione e rispetto. Oggi abbiamo bisogno di reimparare a rispettare l’insieme della Terra, gli ecosistemi e ogni essere della natura, dato che possiedono valore intrinseco e indipendentemente dall’uso che faremo di loro come risalta dalla Carta della Terra. Questo atteggiamento è quasi inesistente nelle pratiche produttive e nei comportamenti umani. Ma possiamo risuscitare questo senso di amore, di autolimitazione della nostra voracità e di rispetto per tutto quello che esiste e vive. Esso diminuirebbe l’aggressione alla terra e farebbe dei nostri atteggiamenti qualcosa di più amichevole.

Difendere la dignità e diritti della terra, i diritti della natura, degli animali, della flora e della fauna, dato che tutti formiamo una grande comunità terrestre.

Appoggiare il movimento internazionale per un patto sociale mondiale intorno a quello che può unire tutti perché tutti dipendono da lui: l’acqua, come bene comune naturale, vitale è insostituibile.

Creare una cultura dell’acqua, non sciuparla (solo lo 0,7% di lei e accessibile all’uso umano) e renderla un diritto inalienabile per tutti gli esseri umani e per la comunità di vita.

Rinforzare l’agroecologia, l’agricoltura familiare, la permacultura, le eco-città, le piccole e piccolissime imprese di alimenti, senza pesticidi e materiale transgenico.

Cercare in forma crescente energie alternative alle fossili, come l’idroelettrica la eolica, la solare, la biomassa e altre. Insistere nel riconoscimento dei beni comuni della Terra e della umanità. Tra questi si contano l’aria, l’atmosfera, l’acqua, i fiumi, gli oceani, i laghi, le falde acquifere, la biodiversità, le sementi, i parchi naturali, le molte lingue, i paesaggi, la memoria, le conoscenze, Internet, le informazioni genetiche e altre.

La cosa più importante tuttavia, è formare una coalizione di forze con il maggior numero possibile di gruppi, movimenti, chiese, e istituzioni intorno al valore dei principi collettivamente condivisi, come quegli espressi nella Carta della Terra, nelle Mete del Millennio, nella dichiarazione delle culture originarie delle Americhe. Infine abbiamo bisogno di essere coscienti che il tempo dell’abbondanza materiale è finito, fatto sulla pelle e a dispetto dei limiti del pianeta, e senza solidarietà e pietà per le vittime di un tipo di sviluppo predatorio, individualista e ostile alla vita. La crescita economica non può essere fine a sé stante. Sta a servizio del pieno sviluppo dell’essere umano, delle sue potenzialità intellettuali, morali e spirituali. La economia verde inclusiva , la proposta brasiliana per Rio+20, non muta la natura dello sviluppo in corso perché non mette in discussione la relazione con la natura, con il modo di produzione, il livello di consumo dei cittadini e le grandi diseguaglianze sociali. Una crescita illimitata non è sostenibile da un pianeta limitato. Dobbiamo cambiare rotta, nella mente e nel cuore. Caso contrario, il destino dei dinosauri potrà essere il nostro destino.
Infine, la mia percezione del mondo mi dice che non siamo davanti a una tragedia annunziata, ma davanti a una gravissima generalizzata crisi di civiltà. Contiene molti rischi, ma, se noi vorremo, saranno evitabili. Potrebbe essere l’annunzio dei dolori del parto di un nuovo paradigma e il prezzo da pagare a una civiltà più rispettosa della Terra, più rispettosa della vita, più amica degli esseri umani e più sorella di tutti gli altri esseri della natura.

(*) Teologo, filosofo, attivo nella commissione Iniziativa della Carta della Terra, autore di Proteggere la Terra, aver cura della vita: come evitare la fine del mondo, Record, 2011.

Tradotto da Romano Baraglia




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