Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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lunedì 27 maggio 2013

In morte e resurrezione di Don Gallo




                                                            di Diego Fusaro

Se ne è andato il 22 maggio Don Andrea Gallo, il prete di strada di Genova. Ci piace ricordarlo come uno splendido esempio di quella che il filosofo Ernst Bloch chiamava la “corrente calda” del Cristianesimo: ossia di quel pathosnon conservativo che, nel nome del regno dei cieli, aspira a rovesciare il trono dei potenti, instaurando in terra il “regno dei cieli”, la giustizia mondana.
 

In questo, Don Gallo è stato un fedele discepolo di Cristo e come tale occorre ricordarlo. Una vita intera spesa in difesa degli offesi del pianeta, nel tentativo di assisterli, ma poi anche di lottare insieme a loro in nome di qualcosa di più grande della miseria del presente. L’epoca della morte di Dio – Nietzsche docet – è quella del nichilismo pienamente sviluppato: nulla in cui credere o per cui lottare, in un’acefala resa alle logiche illogiche del presente saturato dalle prestazioni sempre più oscene del fanatismo dell’economia.

 

E però Dio – Don Gallo ce l’ha insegnato – torna a vivere ogni qual volta torniamo a sperare in un'ulteriorità nobilitante, in un futuro in grado di riscattare le miserie del presente: una speranza militante, che si traduce operativamente in lotta contro le ingiustizie e in sacrosanta ira in grado di ridisegnare le geometrie dell’esistente. La religione può oggi costituire una preziosa risorsa di resistenza al nichilismo, già solo in forza del suo eroico riconoscimento dell’alterità della forma di merce rispetto alla divinità trascendente

Tutti i quotidiani italiani hanno riportato, sia pure in forme diverse, la notizia della morte di Don Gallo. Tra tutti, però, “Il Giornale” ha scelto un modo davvero particolare di ricordarlo: “muore don Gallo, il prete rosso. Scambiò la Chiesa per una piazza”. Queste le parole del titolo che il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti ha consacrato al ricordo di Don Gallo. Si commentano da sé, ça va sans dire. A suo tempo, scrisse Walter Benjamin: “neppure i morti saranno al sicuro dal nemico, se vince. E questo nemico non ha smesso di vincere”. Pensiamo che non vi siano parole più efficaci per commentare l’indecoroso titolo scelto da “Il Giornale”. Che il quotidiano di Sallusti non abbia alcuna simpatia per la summenzionata “corrente calda” del Cristianesimo, non è un mistero: come non lo è il fatto che gli sia più congeniale quella “corrente fredda” che, in modo diametralmente opposto, impiega il messaggio dei Testi Sacri per glorificare l’ordine costituito e le ingiustizie dilaganti. Sartre diceva che, quando Dio tace, gli possiamo far dire tutto quello che vogliamo.

 

E, tuttavia, a voler essere coerenti e rigorosi, il quotidiano di Sallusti dovrebbe utilizzare le stesse parole volgarmente impiegate per ricordare Don Gallo anche per ricordare la stessa figura cristica. È particolarmente significativo, a questo riguardo, il fatto – tutti lo sanno e pochi sono disposti a ricordarlo – che il solo episodio di ira di Gesù che ci venga presentato dalle Scritture è quello della cacciata dei mercanti dal tempio. La fede per cui Gesù si immolò era la fede secondo cui il regno di Dio, già instaurato nell’alto dei cieli, doveva essere tradotto nell’aldiqua con comportamenti concreti e azioni conseguenti: “lo Spirito del Signore è sopra di me, e proprio per questo Dio mi ha unto, inviandomi a portare il lieto annuncio ai poveri, a proclamare la libertà dei prigionieri e la restituzione della vista ai ciechi, a promuovere la liberazione degli oppressi, instaurando l’anno di grazia del Signore” (Lc 4, 18-19).

 

L’ideale del regno di Dio diventa, nella figura di Cristo, il paradigma alla cui luce agire per attuare l’ideale della giustizia sulla terra, creando una comunità in cui ogni essere umano sia libero di esprimere le proprie potenzialità: “beati coloro che sono senza potere, perché è per essi il regno dei cieli. Beati coloro che sono nell’afflizione, perché è ad essi che sarà dato conforto. Beati coloro che sono capaci di amare, perché saranno gli eredi della terra. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati” (Mt 5, 3-6). Non è allora difficile capire, tra Don Gallo e i suoi detrattori, a chi appartenga il regno dei cieli.

da:  http://www.lospiffero.com/cronache-marxiane/in-morte-di-don-gallo-10759.html

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