Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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lunedì 29 luglio 2013

Società liquide e comunità locali





                                                          di Riccardo Achilli

Il post-modernismo liquido di cui parla Bauman è sicuramente un fatto culturale, cioè sovrastrutturale, legato ad una società post-ideologica in cui il concetto di libertà assume un valore superiore a quello della sicurezza, che era la parola d'ordine della precedente società solida, nella sua rigida definizione di ruoli e gerarchie, dalla fabbrica fordista al partito di massa basato su una chiara identità ideologica all'omogeneità delle classi sociali. 

Tuttavia, se guardiamo più da vicino la "libertà" della società liquida, scopriamo che, in realtà, l'aspetto sovrastrutturale è soltanto la maschera con cui i poteri economici del capitalismo globalizzato e finanziarizzato hanno coperto l'assoggettamento delle nostra società all'ordine produttivo del turbocapitalismo. Al fondo, la "libertà" liquida altro non è che edonismo consumistico egocentrico. All'apice del suo sviluppo, cioè prima dell'attuale crisi che ne rimette in discussione le fondamenta, la società post-moderna liquida ci ha dato solo la libertà di scegliere fra andare in vacanza ai Caraibi e comprarci il SUV, o di piastrellare la casa con il cotto toscano piuttosto che con il parquet. La libertà politica è svuotata di significato, prima perché la politica, attuata su base nazionale, finisce per essere subordinata alle esigenze di una economia che funziona su scala globale. E poi perché, non avendo più la libertà di scegliere una narrazione di un mondo futuro possibile, a causa della caduta delle ideologie, la stessa politica diventa un bene di consumo, mirata com'è a fornire una risposta immediata ad esigenze pratiche e contingenti di un elettore/consumatore. Non a caso, la politica ha integrato tecniche proprie del marketing dei beni di largo consumo, come il sondaggio di opinione, le tecniche di segmentazione e clustering delle preferenze degli elettori, la comunicazione sempre più sofisticata ed "emotivizzante", mirata cioè a ricostruire, dopo la caduta del legame con l'identità ideologica, di un rapporto affettivo e di fidelizzazione fra elettore/consumatore e leader/prodotto. Ci crediamo in diritto, sulla base della fede liberistica inoculataci, di criticare la vecchia DDR perché la Stasi spiava tutti, e poi scopriamo che la CIA, in perfetto accordo con i nostri rappresentanti politici, ci spia persino nel cesso. 

E, poiché la società liquida, nonostante predichi la libertà dei costumi e il relativismo dei valori, è in realtà estremamente conformista sulla dimensione di homo faber/consumatoris, non si ha diritto a pensarla diversamente, poiché è in opera una repressione molto più sofisticata ed efficace di quella delle vecchie carceri, dell'olio di ricino o dei manganelli: l'esclusione dalla grande giostra colorata dei consumi e del dinamismo della post modernità, rigettandoci dentro la discarica dei "rifiuti umani" di cui parla Bauman, con l'aspetto ,davvero terribile, che chi finisce in quella discarica non ne esce più, come dimostra la crescita strutturale dell'area delle "nuove povertà" nelle società opulente, registratasi anche prima della crisi, anche negli anni di crescita più vivace. In definitiva, il post-modernismo ci priva di due fattori tipici delle società solide, in cambio non di maggiore libertà, ma solo di un maggior edonismo consumistico: il senso di identità/appartenenza ed il diritto alla diversità: tutto diventa fluido e precario, per cui non ci si riconosce più nella propria azienda, legati come si è da un rapporto di lavoro che non durerà per tutta la vita, non ci si riconosce più in una concezione del mondo, perché le ideologie sono state espulse, si ha difficoltà a delineare il contorno del gruppo sociale cui si appartiene, ed anche la famiglia ed i legami umani più elementari diventano mobili, cangianti, disturbati come sono dall'esigenza superiore di soddisfare prioritariamente un edonismo egocentrico di tipo conformista. Ed anche il diritto alla diversità è fortemente limitato: va bene la diversità nei gusti sessuali, ma un diverso concetto dell'ordine lavorativo ed economico viene immediatamente stigmatizzato e dà luogo a repressione escludente.

La crisi profonda che il post modernismo sta vivendo non potrà che avere un solo sbocco: aumentare il conformismo repressivo, la precarietà esistenziale e lavorativa, la proibizione del pensiero "alternativo", riducendo peraltro lo spazio dell'edonismo consumistico: una sorta di società igienizzata e disinfettata, dove i "parassiti sociali" vengono eliminati ed il gruppo dominante si chiude su sè stesso congelando la mobilità ascendente, alla cui base operano tante formichine, spezzate da una vita di povertà, iperlavoro e insicurezza. Per uscire da questo incubo non si può pensare di far tornare le lancette della storia all'indietro, verso la società solida che oramai è perduta per sempre. Occorre probabilmente ripartire dai territori, dalle comunità locali, valorizzandone le culture e gli stili di vita distintivi, ed applicandovi nuove forme di solidarietà e cooperazione, di autoproduzione di beni e servizi essenziali. La comunità locale, infatti, con le sue specificità e tipicità, è forse l'unico luogo dove è possibile recuperare ciò che il post-modernismo ci ha tolto: identità, appartenenza ad un gruppo e diritto alla diversità. 

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