Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

domenica 19 gennaio 2014

Oggi la rivoluzione si fa con il freno a mano.



                                     di Leonardo Boff

Si attribuisce a Carlo Marx una frase pertinente: "Si fanno soltanto le rivoluzioni che si fanno". Vale a dire, la rivoluzione non configura un atto soggettivo e volontaristico, così non appena avviene, è subito sconfitta per essere immatura e per mancanza di consistenza.

La rivoluzione avviene quando le condizioni della realtà sono obiettivamente mature e simultaneamente esiste nei gruppi umani la volontà soggettiva di volerla. Allora essa irrompe con possibilità sempre garantita, di vincere e consolidarsi. Attualmente noi avremmo tutte le condizioni obiettive per una rivoluzione. Il termine "rivoluzione" è inteso qui in senso classico, come un cambiamento dei fini generali di una società che crea i mezzi adeguati per raggiungerli, il che implica cambiamento delle strutture sociali, giuridiche, economiche e spirituali di detta società. Il degrado generale in quasi tutti gli ambiti, specialmente nella struttura naturale che sostiene la vita è così profondo che anche solo per questo ci sarebbe bisogno di una rivoluzione radicale. Se no, potremmo arrivare troppo tardi e assistere a catastrofi ecologico- sociali di magnitudine mai vissute prima dalla storia umana.

Ma non esiste ancora, tra "i padroni del potere" la coscienza collettiva di questa urgenza. E nemmeno la vogliono. Preferiscono mantenere il loro potere sia pure col rischio di soccombere in un eventuale Armageddon. Il Titanic sta affondando ma la loro ossessione per il guadagno è così grande che continuano a comprare e a vendere gioie come se niente stesse succedendo.

Generalmente le "rivoluzioni", come frequentemente si pratica in Brasile, sono fatte dai potenti che si mettono in prima fila dicendo: ‘Facciamo la rivoluzione’ prima che la faccia il popolo. Naturalmente non si tratta di una rivoluzione, ma di un golpe classista, con l’uso delle forze armate a questo scopo come nel caso della "rivoluzione del 1964". Questi vincitori hanno i loro accoliti che ne cantano le lodi, gl’innalzano monumenti, danno il nome dei golpisti a strade, ponti e piazze come ancora si può vedere in Brasile.

Raramente la storia dei vinti viene scritta. La loro memoria è spenta ma questa memoria viene a galla con una forza di denuncia pericolosa. È merito dello storiografo messicano Miguel Leòn-Portilla quello di narrare il rovescio “della conquista dell'America Latina fatta dagli iberici”. Raccoglie le testimonianze fulminanti delle vittime aztecas, Maya e Incas. In portoghese è stato tradotto col titolo «A conquista da America latina vista pelos indios" (Vozes, 1987). Vediamo soltanto una testimonianza di parte indigena in occasione della presa di Tratelolco vicina a Tenochtitlan, attuale Città del Messico. E’ semplicemente da mettersi a piangere: per le strade giacciono dardi spezzati; capelli sparsi; case senza tetto; incandescenti i loro muri; vermi abbondano nelle strade e piazze e le pareti macchiate da cervella sfracellate, rosse sono le acque come se qualcuno le avesse tinte; abbiamo mangiato erba al salnitro, frammenti di mattoni, lucertole, topi, polvere di terra, più i vermi (Miguel Leòn-Portilla 41).

Tali tragedie ci pongono una domanda mai risposta in modo soddisfacente: che senso ha la storia? Senso per chi? Ci sono interpretazioni di tutti tipi, dai pessimisti che vedono la storia come sequenza di guerre, assassinii e massacri, agli ottimisti, come quella degli illuministi che pensavano alla storia come crescita in direzione del progresso senza fine e di società sempre più civili.

Le due guerre mondiali, quella del 1914 e quella del 1939 e quelle fatte dopo hanno fatto più di duecento milioni di vittime e hanno polverizzato questo ottimismo. Oggi nessuno può dire in quale direzione camminiamo: neanche i santi e saggi Dalai Lama e Papa Francesco. Ma gli eventi si succedono in tutta la loro ambiguità alcuni pieni di speranza altri spaventosi.

Io dichiaro di iscrivermi nella tradizione giudaico-cristiana che afferma: la storia può essere pensata a partire da due principi: quello della negazione del negativo e quello del compimento delle promesse. La negazione del negativo vuol dire: il criminale non trionferà sulla vittima. Il negativo della storia non ne detiene il senso definitivo. Al contrario il “Creatore asciugherà ogni lacrima dagli occhi; la morte non esisterà più; non ci saranno più lutti, né pianto, né fatica perché tutto questo è già passato (Apc 21,4)".

Il principio del compimento delle promesse sostiene: "Ecco, io rinnovo oggi tutte le cose. Ci sarà un nuovo cielo e una nuova terra, Dio abiterà tra noi, tutti i popoli saranno popolo di Dio (Apc 21,5; 1 e 3). È la speranza immortale della tradizione biblica, che non scompariva nemmeno quando gli ebrei venivano portati dai nazisti alle camere a gas per lo sterminio.

Con riferimento alla situazione attuale rammento una frase di Walter Benjamin citata da un suo studioso, Lowy: "Marx aveva detto che le rivoluzioni sono la locomotiva della storia mondiale. Ma forse le cose si presentano in modo completamente differente. È possibile che le rivoluzioni costituiscano l'atto dell'umanità che viaggia su quel treno, di tirare il freno di emergenza; (Walter Benjamin: Avviso di incendio, Boitempo, 2005, pg 93-94). Il nostro tempo è di spingere i freni prima che il treno si schianti a fine corsa.

Leonardo Boff ha scritto Cuidar da Terra – proteger a vida: como escapar do fim do mundo, Rio, 2010.

Traduzione di Romano Baraglia

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