Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

martedì 25 febbraio 2014

Per il congresso della CGIL

Care compagne e compagni,
la credibilità, l'efficacia e la coesione sociale di un Paese si misurano da come in esso certe regole si applicano e si rispettano da parte di tutti, e non da come, per i comodi di alcuni, le regole si cambiano senza consenso generale.
Noi abbiamo tuttora una Costituzione tra le più avanzate al mondo e vorrebbero farci credere che è ormai vecchia e farraginosa.
Una Costituzione che è costata lacrime e sangue, e che ha garantito al nostro Paese per quasi 70 anni pace e democrazia, oggi dovrebbe essere cambiata, non tramite una Assemblea Costituente eletta con sistema scrupolosamente proporzionale, ma mediante un accordo tra due capi di partito, uno dei quali risulta condannato in primo grado per danno erariale, ed un altro in via definitiva per frode fiscale.
In ogni altro Paese libero questo avrebbe suscitato non solo uno sdegno ma anche una mobilitazione generale. Qui invece continuiamo ad assistere al teatrino di politici e di leaders che si avvicendano, facendo tante promesse ma senza avere un sostanziale consenso popolare.
Il popolo italiano è stato brutalizzato da venti anni di berlusconismo che hanno determinato una tragica mutazione antropologica, quella che ha portato i lavoratori a svendersi e persino a prostituirsi invece che a lottare strenuamente per difendere ed incrementare i loro diritti collettivi.


Tutto questo ha snaturato lo stesso senso di alcuni fondamentali articoli della Costituzione, quello che parla di Repubblica fondata sul lavoro, e quello che parla di sovranità popolare, in primo luogo.
Perché non esiste sovranità e tanto meno lavoro in una situazione in cui predomina il clientelismo, la corruzione ed il ferreo controllo monopolistico di certi settori economici ed aziendali.
Dove i lavoratori sono privi di contrattualità di categoria, a farsi strada è solo la schiavitù salariale, persino peggiore di quella antica in cui il padrone dello schiavo doveva prendersi cura del suo servo, mentre oggi, avendolo ridotto a merce per fini di profitto, lo usa e lo getta come un vuoto a perdere.
Sentiamo parlare di rilancio delle basi della nostra civiltà, a partire dalla scuola, ma abbiamo ministri di partiti che hanno cercato di imporre agli insegnanti peggio pagati d'Europa un incremento di lavoro a parità di stipendio, sentiamo parlare di modernizzazione della Amministrazione Pubblica e poi non abbiamo altro che tagli, in un Paese in cui la spesa pubblica è ormai largamente al di sotto della media europea.
In un Paese che dovrebbe rilanciare il suo ruolo competitivo soprattutto nel settore dei servizi, e che dovrebbe essere una superpotenza, in particolare, in quello della cultura, noi abbiamo che proprio il settore dei servizi è quello in maggiore difficoltà, è quello più falcidiato da licenziamenti, mobilità, cassa integrazione, tagli dello stipendio. L'esempio della Elettrolux è lampante nel merito di come si possano ricattare i lavoratori con proposte capestro di stipendi da fame, minacciandoli di licenziamenti e di delocalizzazioni.
A tutto ciò ci ha portato la completa latitanza della politica che invece di svolgere un accorto ruolo di mediazione, invece di promuovere investimenti produttivi, invece di tagliare stipendi stratosferici e privilegi, combattendo senza quartiere lo sperpero delle risorse che ci ha fatto diventare il Paese più corrotto d'Europa, si barcamena tra un leader e l'altro di uno schieramento in cui non c'è più governo né opposizione, ma un tragico e mortale abbraccio di forze politiche assediate dalla rabbia popolare come in un fortino. Gli ultimi governi potremmo definirli tutti, compreso quello neonato: governi di Forte Apache...ma senza che i “nostri” si affaccino minimamente all'orizzonte.
Guardiamoci intorno, care compagni e compagni, i “nostri” infatti rischiano di non esserci più, in parte brutalizzati ed annichiliti dalla mutazione antropologica in atto di cui ho già parlato, ed in parte abbandonati da chi invece di iniziare una dura stagione di lotte, ha preferito addomesticarsi genuflesso al dogma metafisico del mercato.
Non è mai esistita una epoca tanto ideologizzata come quella in cui si predica il tramonto delle ideologie pur sostenendo, di fatto, sempre e comunque l'unica ideologia a cui non si crede si possano e si debbano avere alternative: l'ideologia del mercato, del turbocapitalismo senza regole né vincoli alcuni.
Per tornare ad avere rappresentanza un sindacato vero, autentico e rappresentativo non può che essere chiamato al coraggio di “diventare ciò che è”,
E cioè di abbandonare ogni forma di collateralismo e di burocraticismo, per dialogare, per lottare, per tornare ad assumere su di sé l'onere e l'onore di rappresentare degnamente la parte migliore di un paese che, attraverso una rinnovata civiltà del lavoro, lotta per emanciparsi, non solo a livello nazionale, ma anche a livello europeo, sostenendosi e coordinandosi con chi fa lo stesso e denuncia in tutta Europa quelle norme capestro che impiccano interi popoli a disastrosi quanto anacronistici patti che stabilizzano solo forme intollerabili di ricchezza e di privilegio.
Stiamo tornando con il fiscal compact e con la norma di pareggio di bilancio in Costituzione imposte dai potentati economici europei, a forme di assolutismo monetario e finanziario che ricordano quelle del Congresso di Vienna del 1815, in un disprezzo totale dei popoli che pur quella stagione storica non ebbe.
Abbiamo dunque bisogno di nuovi moti risorgimentali europei, di un nuovo senso del patriottismo, che non debordi in bieco nazionalismo, ma che sappia essere la feconda speranza di questo popolo che a sua volta alimenta la fiaccola di altri popoli. Si diceva un tempo di certi popoli mediterranei: una faccia- una razza, oggi il motto sia un volto-una libertà e una dignità comune.
Non si può uscire da una gabbia per entrare in un'altra più angusta. Si deve invece rompere le sbarre della propria prigione affinché chi le ha rotte, rompa anche quelle delle prigioni degli altri. Solo così avremo un nuovo Risorgimento Europeo, solo così avremo una nuova Primavera dei popoli.
Quando ci immaginiamo sindacato, dobbiamo quindi immaginarci patrioti europei della civiltà del lavoro, in maniera ormai transnazionale, ed organizzare la lotta su questi più ampi orizzonti.
Bisogna volare alto per non volare raso terra, ed essere risucchiati nelle paludi mefitiche di un sindacalismo vassallo dei poteri di turno, che si accomoda sotto il tavolo e, come Lazzaro, attende le briciole di una mensa imbandita da poteri sempre più opulenti e reazionari.
Per risorgere bisogna tornare ad avere il coraggio di insorgere, dando buoni ed efficaci esempi.
Il sistema di potere che usa ormai i leaders politici come specchietti per allodole, sa perfettamente che le politiche di austerità non sono una emergenza temporanea, ma un metodo distruttivo dei diritti dei lavoratori con cui l'economia e la società vengono profondamente ristrutturate secondo fini già prestabiliti.
Quello che cambia dunque non è la maniera di reagire alla crisi, ma solo la narrazione che persuada su come e su chi potrebbe illuderci di portarci fuori.
Fate caso a come e a quanto i leaders che oggi riscuotono maggiore consenso si concentrano sulle parole, lanciate dalle TV, dai palchi, dal web, fino a riempire non solo orecchie e menti, ma persino l'aria che si respira.
Mai come oggi la politica si è dotata di parolai e di imbonitori abilissimi nel sostituire le parole ai fatti, mai come oggi i fatti hanno smentito in continuazione le parole, pur continuando le parole stesse ad incantare e a suggestionare. Mai come oggi le persone si affidano alle parole più che alla concretezza delle azioni, basti pensare allo “sfogatoio demenziale” dei social network con cui tutti siamo sotto controllo pur nella piena e straordinariamente realizzata libertà di espressione.
Mai come oggi si dice di tutto per non fare regolarmente un accidenti di niente.
Mai come oggi ci si scopre al contempo di lotta e di governo pur non lottando per ottenere nulla e pur non governando nemmeno se stessi.
La soluzione non è dunque facile quando un intero popolo rischia di fare la fine dei trogloditi del mito della caverna di Platone, in cui la gente incatenata davanti alle pareti su cui proiettavano le ombre scambiava non solo queste ultime per verità e realtà, ma addirittura minacciava di annientare chi provava a persuadere gli altri del contrario e a provare ad uscire.
La soluzione però è sempre fuori, andare fuori insieme, magari un po' alla volta, cercando di stimolare di nuovo l'uso degli occhi e della consapevolezza verso una luce autentica.
Perché non cambierà mai concretamente nulla fino a che tutte e tutti coloro che sono fuori dai palazzi da cui vengono proiettate le ombre, non saranno in grado di organizzarsi e di sottrarsi prima e di scontrarsi poi con i poteri veri, con gli illusionisti, per cambiare davvero le cose.
Non ci sarà soluzione finché non romperemo le catene dell'inedia, dell'indifferenza e dell'impotenza e usciremo davvero alla luce, la luce di sempre del Sol dell'Avvenire.
C.F.
F.N.S.

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