di Papa Francesco
QUESTIONE SOCIALE E QUESTIONE AMBIENTALE SONO INDISSOLUBILI NEL XXI SECOLO, LO CONFERMA IL DISCORSO DEL PAPA ALL'ONU.
FINALMENTE LA QUESTIONE GLOBALE ECOSOCIALISTA VIENE POSTA ALL'ATTENZIONE DEL MONDO.
Signor Presidente, Signore e Signori,
Ancora
una volta, seguendo una tradizione della quale mi sento onorato, il
Segretario Generale delle Nazioni Unite ha invitato il Papa a rivolgersi
a questa onorevole assemblea delle nazioni. A mio nome e a nome di
tutta la comunità cattolica, Signor Ban Ki-moon, desidero esprimerLe la
più sincera e cordiale riconoscenza; La ringrazio anche per le Sue
gentili parole. Saluto inoltre i Capi di Stato e di Governo qui
presenti, gli Ambasciatori, i diplomatici e i funzionari politici e
tecnici che li accompagnano, il personale delle Nazioni Unite impegnato
in questa 70.ma Sessione dell’Assemblea Generale, il personale di tutti i
programmi e agenzie della famiglia dell’ONU e tutti coloro che in un
modo o nell’altro partecipano a questa riunione. Tramite voi saluto
anche i cittadini di tutte le nazioni rappresentate a questo incontro.
Grazie per gli sforzi di tutti e di ciascuno per il bene dell’umanità.
Questa è la quinta volta che un Papa visita le Nazioni Unite.
Lo hanno fatto i miei predecessori Paolo VI nel 1965, Giovanni Paolo II
nel 1979 e nel 1995 e il mio immediato predecessore, oggi Papa emerito
Benedetto XVI, nel 2008. Tutti costoro non hanno risparmiato espressioni
di riconoscimento per l’Organizzazione, considerandola la risposta
giuridica e politica adeguata al momento storico, caratterizzato dal
superamento delle distanze e delle frontiere ad opera della tecnologia
e, apparentemente, di qualsiasi limite naturale all’affermazione del
potere. Una risposta imprescindibile dal momento che il potere
tecnologico, nelle mani di ideologie nazionalistiche o falsamente
universalistiche, è capace di produrre tremende atrocità. Non posso che
associarmi all’apprezzamento dei miei predecessori, riaffermando
l’importanza che la Chiesa Cattolica riconosce a questa istituzione e le
speranze che ripone nelle sue attività.
La storia della comunità organizzata degli Stati,
rappresentata dalle Nazioni Unite, che festeggia in questi giorni il
suo 70° anniversario, è una storia di importanti successi comuni, in un
periodo di inusitata accelerazione degli avvenimenti. Senza pretendere
di essere esaustivo, si può menzionare la codificazione e lo sviluppo
del diritto internazionale, la costruzione della normativa
internazionale dei diritti umani, il perfezionamento del diritto
umanitario, la soluzione di molti conflitti e operazioni di pace e di
riconciliazione, e tante altre acquisizioni in tutti i settori della
proiezione internazionale delle attività umane. Tutte queste
realizzazioni sono luci che contrastano l’oscurità del disordine causato
dalle ambizioni incontrollate e dagli egoismi collettivi. È sicuro che,
benché siano molti i gravi problemi non risolti, è però evidente che se
fosse mancata tutta quell’attività internazionale, l’umanità avrebbe
potuto non sopravvivere all’uso incontrollato delle sue stesse
potenzialità. Ciascuno di questi progressi politici, giuridici e tecnici
rappresenta un percorso di concretizzazione dell’ideale della
fraternità umana e un mezzo per la sua maggiore realizzazione. Rendo
perciò omaggio a tutti gli uomini e le donne che hanno servito con
lealtà e sacrificio l’intera umanità in questi 70 anni. In particolare,
desidero ricordare oggi coloro che hanno dato la lorovita per la pace e
la riconciliazione dei popoli, a partire da Dag Hammarskjöld fino ai
moltissimi funzionari di ogni grado, caduti nelle missioni umanitarie di
pace e di riconciliazione.
L’esperienza di questi 70 anni, al
di là di tutto quanto è stato conseguito, dimostra che la riforma e
l’adattamento ai tempi sono sempre necessari, progredendo verso
l’obiettivo finale di concedere a tutti i Paesi, senza eccezione, una
partecipazione e un’incidenza reale ed equa nelle decisioni. Tale
necessità di una maggiore equità, vale in special modo per gli organi
con effettiva capacità esecutiva, quali il Consiglio di Sicurezza, gli
Organismi finanziari e i gruppi o meccanismi specificamente creati per
affrontare le crisi economiche. Questo aiuterà a limitare qualsiasi
sorta di abuso o usura specialmente nei confronti dei Paesi in via di
sviluppo. Gli organismi finanziari internazionali devono vigilare in
ordine allo sviluppo sostenibile dei Paesi e per evitare l’asfissiante
sottomissione di tali Paesi a sistemi creditizi che, ben lungi dal
promuovere il progresso, sottomettono le popolazioni a meccanismi di
maggiore povertà, esclusione e dipendenza.
Il compito delle Nazioni Unite, a
partire dai postulati del Preambolo e dei primi articoli della sua
Carta costituzionale, può essere visto come lo sviluppo e la promozione
della sovranità del diritto, sapendo che la giustizia è requisito
indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale. In
questo contesto, è opportuno ricordare che la limitazione del potere è
un’idea implicita nel concetto di diritto. Dare a ciascuno il suo,
secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun
individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a
calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei
gruppi sociali. La distribuzione di fatto del potere (politico,
economico, militare, tecnologico, ecc.) tra una pluralità di soggetti e
la creazione di un sistema giuridico di regolamentazione delle
rivendicazioni e degli interessi, realizza la limitazione del potere.
Oggi il panorama mondiale ci presenta, tuttavia, molti falsi diritti, e –
nello stesso tempo – ampi settori senza protezione, vittime piuttosto
di un cattivo esercizio del potere: l’ambiente naturale e il vasto mondo
di donne e uomini esclusi. Due settori intimamente uniti tra loro, che
le relazioni politiche ed economiche preponderanti hanno trasformato in
parti fragili della realtà. Per questo è necessario affermare con forza i
loro diritti, consolidando la protezione dell’ambiente e ponendo
termine all’esclusione.
Anzitutto occorre affermare che
esiste un vero “diritto dell’ambiente” per una duplice ragione. In primo
luogo perché come esseri umani facciamo parte dell’ambiente. Viviamo in
comunione con esso, perché l’ambiente stesso comporta limiti etici che
l’azione umana deve riconoscere e rispettare. L’uomo, anche quando è
dotato di «capacità senza precedenti» che «mostrano una singolarità che
trascende l’ambito fisico e biologico» (Enc. Laudato sì, 81), è al tempo
stesso una porzione di tale ambiente. Possiede un corpo formato da
elementi fisici, chimici e biologici, e può sopravvivere e svilupparsi
solamente se l’ambiente ecologico gli è favorevole. Qualsiasi danno
all’ambiente, pertanto, è un danno all’umanità. In secondo luogo, perché
ciascuna creatura, specialmente gli esseri viventi, ha un valore in sé
stessa, di esistenza, di vita, di bellezza e di interdipendenza con le
altre creature. Noi cristiani, insieme alle altre religioni monoteiste,
crediamo che l’universo proviene da una decisione d’amore del Creatore,
che permette all’uomo di servirsi rispettosamente della creazione per il
bene dei suoi simili e per la gloria del Creatore, senza però abusarne e
tanto meno essendo autorizzato a distruggerla. Per tutte le credenze
religiose l’ambiente è un bene fondamentale (cfr ibid., 81).