Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

mercoledì 25 febbraio 2015

IL PALLORE DEL CAMMINO E IL SOGNO DELL'AVVENIRE

    
                               

 di Carlo Felici

Il 29 marzo 1848 iniziò la prima guerra per l'indipendenza dell'Italia e lo stesso giorno nel 1865 ci fu l'ultima grande battaglia della Guerra di Secessione Americana.
Sono segni del destino che stanno a configurare un passaggio per i socialisti italiani forse già scritto nel gran libro della storia. Una piena e concreta indipendenza dal partito che sta annientando l'ultimo simulacro del socialismo italiano, e la sconfitta definitiva di ogni scissione tra coloro che vogliono farlo rinascere concretamente.
O sarà così, oppure non sarà nulla, sarà solo una data come un'altra su un calendario, un po' come il 29 marzo del 1973, la disfatta definitiva delle truppe statunitensi nel Vietnam, un giorno per molti da dimenticare. Sarà il nostro Vietnam se non ne usciremo uniti e a testa alta.
Chi scrive non è un profeta né ha la palla di vetro, però sa bene quale lungo e tortuoso percorso ha portato faticosamente tanti compagni verso questa data, una porta stretta alla quale si giunge in ordine sparso, ma anche con la determinazione di dover passare, prima che si chiuda, tutti insieme, un po' alla volta.
Il Partito Socialista Italiano è un malato terminale tenuto in coma farmacologico, affinché altri non possano ereditarne il prezioso tesoro di storia e di valori che esso ha rappresentato per più di 120 anni nel panorama della civiltà italiana, animando il meglio della nostra democrazia, e rappresentando egregiamente i momenti più ricchi di crescita nel benessere e nelle libertà degli italiani.
Prova ne è che, da quando la sua marginalizzazione ha raggiunto pressoché il suo annichilimento, tali diritti e tale benessere sembra si siano eclissati dal panorama politico, civile e sociale del nostro paese, mentre la libertà sta assumendo la veste grottesca dell'illusione.  Abbiamo infatti meno democrazia, meno tutele per i lavoratori e una condizione ormai insopportabile di mancanza di alternative politiche credibili e concretamente attuabili.


Purtroppo ogni sforzo per invertire questa nefasta tendenza, fino ad ora, è stato vano, anche e soprattutto a causa delle divisioni interne a quel fronte che avrebbe dovuto già, da vari anni, portare ad un profondo rinnovamento dell'unico ed ultimo partito socialista rimasto in Italia.
Tanto che alcuni, purtroppo, danno ormai il Socialismo nel nostro paese per morto definitivamente. Sia perché sconosciuto ai giovani, sia perché nelle persone mature ed anziane ridotto a ricordo e nostalgia.
Non può essere così, non deve essere così. E' ora che esso risorga, anche se il suo sottile rivolo carsico rischia di inabissarsi per sempre, esso deve, esso può tornare a riempire il suo corso di speranza e di valori per trovare finalmente di nuovo la sua risorgiva.
Tutte le associazioni socialiste italiane che in questi anni hanno tenuta viva la memoria, la prassi e gli orientamenti, oltre che i valori di questa nostra illustre storia, sembra ormai se ne siano rese conto.
Ora o mai più! è il motto, il grido che chiama il sole di questo prossimo avvenire di primavera.
E ci chiama tutti, nessuno escluso, con l'imperativo categorico di trasformare finalmente una speranza in certezza, con la spada sguainata dei vecchi legionari che da perdere hanno ormai solo la loro malinconica rassegnazione.
Mai più rassegnati, compagni, alla fine! Mai più rassegnati alla disperazione del destino di un eterno moribondo, tenuto in vita solo perché non si debba e non si possa riconoscere la vera ed autentica fisionomia dell'essere socialisti in Italia.
Quanti hanno deturpato questo nome in questi ultimi tempi, anche a sinistra! Quanto esso è stato usato come misera e meschina etichetta per lanciare in Europa un partito di consorteria consociativa che si è distinto, in special modo, per distruggere ciò che i socialisti, a prezzo di tante lotte e sacrifici, avevano creato per tutelare il lavoro e il lavoratori!
Abbiamo contato, compagni, troppo a lungo su piccole e grandi stampelle per continuare il nostro cammino che avremmo dovuto invece percorrere con le nostre gambe; rose, pugni, padronali democrazie che poco o nulla hanno a che fare con la nostra storia e i nostri valori a che cosa sono serviti se non a distruggerci? E perché tutto questo? Per la paura di non potersi più reggere da soli, per l'angoscia di perdere anche l'ultima possibilità di agganciare qualche poltrona o poltroncina?
Abbiamo conquistato un piccolo mondo ed abbiamo perso una grande anima.
 E con questo abbiamo fatto perdere anche all'Italia la sua anima migliore, dai tempi di Garibaldi a quelli di Nenni, Pertini e di Bettino Craxi.
Senza socialismo e senza socialisti, è solo questione di tempo, che già sfugge miserevolmente, non ci sarà più Italia, non più Patria, non più Europa, ma solo un'agghiacciante e miserevole palude mefitica, in cui la speculazione finanziaria, la criminalità, e oggi anche la guerra alle frontiere, faranno da sfondo a miserie e povertà sempre più diffuse, in cui i popoli europei lentamente affonderanno.
E' tempo di bonificare queste paludi, ci sono movimenti in Grecia, in Portogallo, in Irlanda e anche altrove che, pur non assumendo il nome esplicito di socialisti, adottano questa prassi e stanno reagendo, la saldatura sarà inevitabile su scala continentale. Noi italiani non possiamo e non dobbiamo mancare a questo appuntamento.
I tempi stanno rapidamente maturando, l'insofferenza cresce, il malessere dilaga. Ma da noi manca ancora chi possa “fare la differenza”. Nessuno di questi movimenti di emancipazione sociale che portano inevitabilmente ad una nuova primavera europea, ha pensato di rievocare la parola sinistra, né di riesumare quella socialista, tanto quest'ultimo significante è stato umiliato e bistrattato nei significati concreti di chi lo ha assunto in sede europea. Il PSE non ha saputo né voluto trovare una valida alternativa di sistema alla crisi, né ha avuto alcuna voce per arrestare le guerre neoimperialiste e civili risorgenti nel nostro continente o a due passi da noi. E' anch'esso diventato un simulacro, una copertura, uno schermo e una variante narcotica dello stesso sistema che ferocemente mette il profitto, e la riduzione dell'individuo e della natura a merce, al primo posto, per perseguire i suoi scopi, ad ogni costo.
Sicuramente, quindi, dovremo trovare qualcosa anche noi, che rappresenti la volontà di emanciparci e cambiare per utilizzare i soldi che occorono per salvare i popoli più che le banche, facendo a meno di conati identitari fini a se stessi. Ma dovremo farlo uniti, ciascuno con la sua natura e ciascuno con la consapevolezza che la libertà di ogni identità del cambiamento non finisce dove inizia quella dell'altro, ma tanto più cresce e tanto più si allarga, quanto più coinvolge e si identifica con quella di tutti gli altri, liberi ma solidali allo stesso tempo, come diceva il nostro padre fondatore, Turati: “Le libertà sono tutte solidali, non se ne offende una senza offenderle tutte”
Oggi dunque, la più grande offesa che possiamo farci e fare all'Italia, cari compagni, è quella di mancare a questo appuntamento, quella di restare ancora una volta divisi e conflittuali tra noi, quella di non perseguire tutti insieme l'unico scopo che deve animare la nostra riscossa: far rivivere il Socialismo Italiano per quello che è ed è sempre stato, mettendolo al servizio, non della conservazione, ma dell'innovazione, non prostrato all' "Atto del Lavoretto" e al suo artefice chirichetto, ma riscattato in una nuovo e più ambizioso Statuto dei Lavoratori, non complice della demolizione dei diritti costituzionali, ma protagonista di un rinnovato patto costituzionale per la civiltà, per la democrazia e per il lavoro.
Ciò che oggi ha conquistato il potere non è la destra e nemmeno la sinistra, ma è semplicemente una consorteria con infiniti e ramificati interessi e poteri che ha come unico scopo quello di incrementare i suoi profitti, a scapito di tutti coloro che perdono e perderanno sempre di più le loro libertà con le garanzie ed i servizi sociali. E ciò non avverrà per una competizione di merito o di valore, ma solo per una sorta di ferrea obbedienza neofeudale ai vassalli, valvassini e valvassori di questa Padronale Democrazia, di questo ossimoro politico che rende obsoleta ogni forma di autoritarismo, poiché è capace di affermarsi con il semplice “motu proprio” che le deriva dalla mancanza di alternative, dalla autoreferenzialità del potere che essa esercita.
E' il nemico più subdolo che ci sia mai stato nella storia del nostro paese: quello che ti fa amare il collare che ti stringe il collo, che ti dice: fai tutto quello che vuoi, insultami se ti fa piacere, contrastami come ti pare, tanto io non me ne andrò e sarò sempre qui a dirti quello che dovrai fare. Perché non avrai altro futuro all'infuori di me.
Cari compagni, il nostro futuro invece resta sempre quello del nostro Sol dell'Avvenire, e se esso tarda a sorgere è perché la sua luce si nutre della fede e dell'unità di chi lotta, di chi studia e di chi lavora.
Torniamo ad aver fede ed esso immancabilmente risorgerà.
Chi scrive non vi parla di personaggi o di scenari politici, né vi chiede di credere a questo o a quel leader di partito o di sindacato, chi scrive sogna, e vi chiede di credere ancora nei vostri sogni, perché come diceva Oscar Wilde:
 “Un sognatore è colui che può trovare la sua strada al chiaro di luna e vedere l'alba prima del resto del mondo.”
Coraggio, compagni, il pallore del cammino non oscura la meta, l'alba è vicina, inizia a primavera, inizia il 29 marzo 2015.

Carlo Felici.

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