Leonardo Boff*
Lettrici, lettori
Basta con la politica. Pensiamo un po' alla nostra povera, infelice/felice esistenza.
Assumendo
la categoria «cura», nei rapporti verso la Madre Terra e verso tutti
gli esseri, papa Francesco ha rinforzato non soltanto un comportamento,
ma un vero paradigma che rappresenta un'alternativa al paradigma della
modernità, che è la volontà di potere, causa di tanti danni.
Dobbiamo
aver cura di tutto, anche di noi stessi, dato che siamo il più vicino
dei prossimi e, al tempo stesso, il più complesso e più indecifrabile
degli esseri.
Sappiamo
chi siamo? Perché esistiamo? Dove andiamo? Riflettendo su queste
domande improcrastinabili, è utile ricordare il giudizio di Blaise
Pascal (†1662) forse il più corrispondente alla realtà.
Che
cos'è l'essere umano nella natura? Un nulla davanti all'infinito, un
tutto davanti al nulla, un asse tra il nulla e il tutto, ma incapace di
vedere il nulla da dove è venuto e l'infinito dove va (Pensées, § 72).
In
verità, non sappiamo chi siamo. Soltanto dubitiamo come direbbe
Guimrães Rosa. Nella misura in cui stiamo vivendo e soffrendo,
lentamente scopriamo chi siamo. Insomma: espressione di quella Energia
di fondo (immagine di Dio?) che tutto sostiene e tutto dirige.
Insieme
a quello che di fatto siamo, esiste anche quello che potenzialmente
possiamo essere. Il potenziale appartiene pure alla realtà, e chissà che
non sia la nostra parte migliore. A partire da questo sfondo è
opportuno elaborare chiavi di lettura che ci orientino nella ricerca di
quello che vogliamo e possiamo essere.
È
in questa ricerca che la cura di se stessi svolge un ruolo decisivo.
Non si tratta, in primo luogo, di stare a guardare narcisisticamente il
nostro io, il che porta, generalmente, non a conoscere se stessi ma a
identificarsi con una immagine proiettata da se stessi e, per questo,
falsa e alienante.