Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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venerdì 16 ottobre 2015

Ospitalità: diritto di tutti, dovere per tutti.





Leonardo Boff*

La questione mondiale dei rifugiati rimette in gioco nuovamente l'imperativo etico dell'ospitalità, a livello internazionale e anche a livello nazionale. Ci sono migrazioni di popoli come ai tempi della decadenza dell'impero romano. Sono milioni che cercano nuove patrie per sopravvivere o semplicemente per fuggire dalle guerre e trovare un minimo di pace.
L'ospitalità è un diritto di tutti è un dovere per tutti. Immanuel Kant (1724-1804) ha visto chiaramente l' embricazione tra diritti e doveri umani e ospitalità per la costruzione di quello che egli chiama "paz perpétua" (Zum Ewigen Frieden del 1795; vedi Giacobbe Guinsburg, A paz perpétua, ed. Perspectiva, São Paulo 2004).
Prevenendo i tempi, Kant propone la repubblica mondiale (Weltrepublik) o lo Stato dei popoli (Völkerstaat) fondata nel diritto di cittadinanza mondiale (Weltbürgerrect). Questa, dice Kant, ha come sua prima caratteristica l''ospitalità generale" (allgemeine hospitalität (§ 357).
Perché esattamente l'ospitalità? Lo stesso filosofo risponde: "Perché tutti gli esseri umani sono sopra il pianeta Terra, senza eccezioni, hanno diritto di starci, di visitare le sue località e i popoli che l’abitano. La Terra appartiene comunitariamente a tutti (§ 358)". 
 
Questa cittadinanza materializzata dall'ospitalità generale si regge sul diritto e mai  sulla violenza. Kant postula lo smontaggio di tutti gli apparati bellici e la soppressione di tutti gli eserciti, così come, modernamente, si esprime la Carta della Terra. Inoltre per tutto il tempo che esisteranno tali  mezzi di violenza, continueranno le minacce dei forti sui deboli e le tensioni tra gli Stati, minando le basi di una pace duratura.
L'impero del Diritto e la diffusione dell'ospitalità generalizzata, devono creare una cultura dei diritti che penetri le menti e i cuori di tutti i cittadini mondializzati, generando di fatto la "comunità dei popoli" (Gemeinschaft del Völker ). Questa comunità di popoli, dichiara Kant, può crescere tanto nella loro coscienza che la violazione di un diritto in un luogo è sentita in tutti i luoghi (§ 360), cosa che più tardi ripeterà per conto suo Ernesto Che Guevara. Tanta è la solidarietà e lo spirito di ospitalità che la sofferenza di uno è la sofferenza di tutti e il progresso di uno è il progresso di tutti. Sembra Papa Francesco che parla degli esseri umani come esseri di relazione e che partecipano ai dolori degli altri.
Se vogliamo una pace perenne e non una tregua appena o una pacificazione momentanea, dobbiamo vivere l'ospitalità universale e rispettare i diritti universali.
La pace, secondo Kant, risulta dalla forza del diritto, dalla cooperazione giuridicamente ordinata e istituzionalizzata tra tutti gli Stati e i popoli. I diritti sono secondo lui, “la pupilla degli occhi di Dio" o ancora "la cosa più sacra che Dio abbia messo sulla terra". Il rispetto dei diritti fa nascere una comunità di pace che mette fine all'infame "stato di belligeranza”.
        Ai tempi nostri, è stato J. Derrida che è ritornato alla questione dell'ospitalità (De “L’hospitalité, Parigi 1977) conferendogli carattere incondizionato per tutti.
        Ma è stato ancora Kant che gli ha dato il miglior fondamento teorico. La sua base è buona volontà, che per lui è l'unica virtù che non ha nessun difetto. Nei suoi "fondamenti per una metafisica dei costum” (1735) fa una affermazione che implica grandi conseguenze: "Non credo possibile pensare a qualcosa che in qualunque parte del mondo e anche fuori del mondo, possa essere ritenuta assolutamente buona se non la buona volontà (der gute Wille).
Traducendo il suo difficile linguaggio: la buona volontà è l'unico bene che è soltanto buono e non soggetto a restrizioni. La buona volontà è soltanto buona oppure non è buona volontà. Se essa ingloba sospetti, non è più buona. Essa suppone apertura reciproca e fiducia incondizionata.
Essa suppone totale apertura dell’uno all'altro e fiducia incondizionata. Questo è fattibile tra gli esseri umani. Se non ci vestiremo di questa buona volontà, non troveremo un'uscita per la disperante crisi sociale che dilacera le società periferiche e i milioni di rifugiati che si dirigono verso l'Europa.
La buona volontà è l'ultima tavola di salvezza che ci resta. La situazione mondiale è un disastro. Viviamo in permanente stato di assedio o di guerra civile mondiale. Non c'è nessuno, né le due santità, il Papa Francesco e il Dalai Lama, e nemmeno le élites intellettuali e morali, né la tecno-scienza che forniscano una chiave di avvio globale. In verità, dipendiamo unicamente dalla nostra buona volontà. Vale ricordare quello che ha scritto Dostoevskij nel suo fantastico racconto Il sogno di un uomo ridicolo del 1877: “Se tutti volessero davvero, tutto cambierebbe sulla Terra in un solo momento."
Il Brasile riproduce in miniatura la drammaticità mondiale. La piaga sociale prodotta in 500 anni di abbandono della cosa pubblica significa un dissanguamento continuo. Gran parte delle nostre élites non ha mai pensato a una soluzione per il Brasile come un tutto, ma soltanto per sé. Più impegnate a difendere i loro privilegi che a garantire il diritto per tutti. Attraverso mille manovre politiche, perfino con la minaccia di impeachment riescono a manipolare governi democraticamente eletti perché assumano l'agenda che interessa loro, le élites e rendere impossibili o a rimandare trasformazioni sociali necessarie. Contrariamente alla maggior parte del popolo brasiliano che ha mostrato immensa buona volontà, buona parte delle élites si nega a saldare l'ipoteca di buona volontà che deve al paese.
        Se la buona volontà e così profondamente decisiva, allora urge suscitarla in tutti. Tutti hanno il dovere di ospitare il diritto di essere ospitati perché viviamo nella stessa Casa Comune.

Leonardo Boff, columnist del JB.

Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato.

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