Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

domenica 27 marzo 2016

Venerdì santo della politica. Barlumi di risurrezione.



Leonardo Boff*


Politicamente, nel paese si vive un clima da Venerdì santo: odio, lacerazioni delle relazioni sociali, rischio di rottura dell’'ordine democratico e di passaggio da una democrazia del diritto e della legge, verso una democrazia della destra fuorilegge. Ci sono segnali precisi che questo scenario non sia impossibile.
È in questo contesto che celebriamo la festa più grande del cristianesimo, la Pasqua. ‘Pasqua’ significa in ebraico “passaggio” dalla schiavitù d'’Egitto alla libertà della terra promessa; metaforicamente, dagli sconvolgimenti di una crisi, alla pace serena di uno Stato democratico di diritto.
Il giovane studente di Teologia, F. Hegel, uno dei maggiori pensatori di tutta la storia, meditando sul significato del Venerdì santo, formulò la sua famosa chiave di lettura della storia e della vita umana: la dialettica. Lui vedeva nella saga di Gesù il compimento di questi tre passaggi: vita-morte-risurrezione.
La vita è la tesi della positività. La morte è l’'antitesi della negatività. La risurrezione è la sintesi, che incorpora tesi e antitesi in una sintesi superiore. La risurrezione è più che la rianimazione di un cadavere, come quello di Lazzaro, che significherebbe il ritorno alla vita anteriore. La risurrezione è l'’introduzione di qualcosa di nuovo nato dalle affermazioni e contraddizioni del passato. Questo ‘insight’ da lui sempre ricordato, è stato chiamato “venerdì santo teorico”.

martedì 15 marzo 2016

QUATTRO MINACCE ALLA MADRE TERRA COME AFFRONTARLE





Leonardo Boff*

Quattro sono le minacce che pesano sulla nostra Casa Comune e che esigono da noi un’'attenzione speciale.
La prima è la vista della Terra impoverita e senza certezze dei tempi moderni. Lei è stata condannata ad impietoso sfruttamento per aumentare la ricchezza. Sotto questo aspetto ci ha procurato benefici innegabili, ma ha portato con sé anche uno squilibrio in tutti gli ecosistemi, che ha scatenato l’'attuale crisi ecologica generalizzata. In questa ricerca forsennata, intere popolazioni come in America Latina sono state eliminate, devastata la foresta atlantica e, in parte, la savana.
Nel gennaio del 2015, 18 scienziati hanno pubblicato sulla famosa rivista “Science”,, uno studio sopra “i limiti planetari: una guida per lo sviluppo umano in un mondo in cambiamento”. Hanno elencato 9 dati fondamentali per la continuità della vita. Tra questi stava l’'equilibrio dei climi, il mantenimento della biodiversità, la difesa dello strato di ozono, il controllo dell’'acidificazione degli oceani, ed altri ancora. Tutti gli item sono in stato di erosione. Ma i due più degradati, sono classificati come “limiti fondamentali”: cambiamento climatico ed estinzione delle specie. La rottura di queste due frontiere basilari può  condurre la civiltà al collasso.
Aver cura della Terra in questo contesto, vuol dire che al paradigma della conquista che devasta la natura dobbiamo opporre il paradigma della cura che difende la natura. Dobbiamo certo produrre quello che ci occorre per vivere, ma con attenzione ed entro limiti sopportabili di ogni regione e con la ricchezza di ciascun ecosistema.

lunedì 7 marzo 2016

In Messico il papa chiede perdono ai popoli nativi






di Leonardo Boff

15 febbraio 2016: data memorabile. Papa Francesco è andato nella città coloniale di San Cristobal de las Casas, capitale dello Stato più povero del Messico, proprio nella regione dove nel 1994 era scoppiata la ribellione degli Zapatisti, durata fino al 2005. Ha avuto un incontro con i popoli nativi, maias, quichés e altri. Davanti a 100 mila persone ha celebrato la messa utilizzando la loro lingua.
È stata una visita con doppia riparazione. Prima di tutto rispetto ai popoli nativi, chiedendo perdono per i secoli di dominazione e sofferenza: “Molte volte in modo sistematico e strutturale, i vostri popoli furono oggetto d’incomprensione e esclusi dalla società. Alcuni considerarono inferiori i vostri valori, la vostra cultura e le vostre tradizioni, (…) e questo è molto triste. Farebbe bene a tutti noi un esame di coscienza e imparare a chiedere perdono”.
Risuonano anche nelle nostre orecchie le parole commoventi del profeta maia Chilam Balam Chumayel: “E allora ci siamo rattristati, perché erano arrivati… erano venuti per far appassire i nostri fiori, affinché vivessero soltanto i loro; tra noi penetrò la tristezza, era venuto il cristianesimo; questo è stato il principio della nostra miseria, il principio della nostra schiavitù”.
L’impatto dell’invasione degli spagnoli fu così violento che i 22 milioni di Astechi esistenti nel 1519 quando Hernan Cortés penetrò in Messico, erano ridotti, nel 1600, a un solo milione.Molti morirono in guerre; la grande maggioranza a causa di malattie portate dagli Europei, contro le quali non avevano difese immunitarie. È stato uno dei maggiori genocidi della storia umana. I colonizzatori assoggettarono i corpi, i missionari conquistarono le anime. Nel linguaggio degl’indigeni del secolo XVI, gli spagnoli, tutti cristiani, “ sono stati l’anti-cristo in terra, tigre dei popoli e sfruttatori di indios”.
Ora è venuto un Papa dall’America Latina, non fa trucchi , come sempre hanno fatto la Chiesa ufficiale e la Spagna, questa devastazione di intere nazioni.Riconosce i peccati e gli abusi e chiede perdono.
Ha fatto una seconda riparazione: il riscatto del vescovo Don Samuel Ruiz Garcia, incompreso dalla gerarchia messicana composta in gran parte da conservatori e letteralmente perseguitato dal Vaticano perché introduceva diaconi indigeni e perché metteva le basi di una “chiesa indigena” che assemblava elementi del Cristianesimo e delle culture autoctone, che includono rami di pino, uova e riferimento a Dio come Padre e come Madre. Il Papa ha riconosciuto le tre lingue principali come lingue liturgiche: chol, tzotzil e tzeltal.Si è fermato davanti alla tomba di Don Samuel Ruiz e ha pregato a lungo.
Ancora di più. Il papa riconosce il grande contributo che possono dare al mondo con il loro modo di trattare la Pacha Mama, con rispetto, venerazione e armonia.
Riprende il discorso dell’enciclica su “La cura della casa comune” e dice enfaticamente: “Non possiamo restare indifferenti davanti a una delle maggiori crisi ambientali della storia. In questo voi avete molto da insegnarci. I vostri popoli, come hanno riconosciuto i vescovi dell’America Latina, sanno relazionarsi armoniosamente con la natura, che rispettano come fonte di alimento, casa comune e tavola per l’umana condivisione”.
E dice ancora: “Insieme ai popoli abbandonati e maltrattati è compreso il nostro pianeta, devastato e oppresso. Non possiamo far finta di essere sordi e ciechi davanti a una delle maggiori crisi ambientali della storia”. E nuovamente convoca questi popoli nativi perché siano riferimento vivente di un altro stile di abitare la ‘Casa comune’, di produrre, distribuire e consumare in accordo con la natura e nell’equa partecipazione ai beni e ai servizi naturali.
Nel mio andare attraverso svariati paesi latino-americani costato due fenomeni tangibili: il riscatto biologico dei popoli nativi. Essi stanno crescendo in numero, rifacendo una popolazione, in altri periodi quasi sterminata. Il secondo è la riappropriazione della loro cultura con le religioni e con la loro sapienza ancestrale, trasmessa dalle nonne e dai nonni, di generazione in generazione. È un’esperienza indimenticabile partecipare alle loro celebrazioni officiate da sacerdoti, sacerdotesse e saggi. Lì si sente un profondo senso del sacro, di comunione con la Terra e con tutti gli elementi dell’universo, della natura e della Madre Terra.
                    Questi non sono figli della modernità secolarizzata. Loro sono nutriti di venerazione per tutte le cose,sentono di essere figli delle stelle, in profonda comunione con gli antenati. Questi sono presenti seguendo il popolo con i loro consigli trasmessi dagli anziani e dai sapienti, soltanto che non sono visibili.
Dobbiamo rivisitare queste culture ancestrali. In esse sono ancora vivi principi e valori, che potranno suggerirci il modo di superare la nostra crisi di civiltà e garantire il nostro futuro.

*Leonardo Boff, columnist del JB on line
Traduzione di di Romano Baraglia e Lidia Arato