di Carlo Felici
A grandi
passi e con qualcuno che procede anche carpon, carponi all’ultimo momento, ci
avviciniamo alla scadenza elettorale, epocale per un Paese che non ha
conosciuto mutamenti istituzionali sostanziali da circa 70 anni.
Le ragioni
del sì e del no, sono ormai arcinote ed è inutile tornarci per l’ennesima
volta.
Quello che è
singolare, in un dibattito che dovrebbe privilegiare i contenuti sulle prese di
posizione ideologiche, è invece la fortissima ideologizzazione dello scontro
politico e sociale che si accompagna a tale referendum, fino a spaccare l’Italia
e gli italiani come mai era accaduto forse dalla stessa nascita dello Stato
Italiano.
Apparentemente
lo iato è tra innovazione e conservazione, con una doppia lettura però. La
prima è quella di chi sostiene che la riforma costituzionale corrisponde a
quella innovazione necessaria a mantenere competitivo e credibile il nostro
paese, la seconda è quella che tale riforma non fa altro che conservare ed
accentuare la pericolosissima tendenza, in auge da circa 20 anni in Italia e
che, più o meno, ha sempre accompagnato i tentativi maldestri di riforma, a
mantenere il nostro Paese succube di politiche e decisioni che non riflettono
più la sovranità popolare, ma soltanto le esigenze dei mercati e dei potentati
economici, niente di più conservatore, dunque.
Come è del
tutto evidente, la globalizzazione che è seguita a questi ultimi 25 anni di
storia post muro di Berlino, ha reso la demolizione di una barriera
condominiale tra est ed ovest del tutto speculare e propiziatoria ad altre
barriere ed altri muri ben più poderosi e monumentali tra nord e sud. Due esempi
tra i tanti, lo sono quello tra israeliani e palestinesi e quello che il neo
presidente Trump vuole erigere lungo il confine con il Messico.
Vi sono però
altri muri, ben più sostanziosi, anche se invisibili, che in questi ultimi anni
sono stati eretti nel mondo, dopo la caduta di un misero “tramezzo”, e cioè
quelli finanziari, speculativi, economici, i quali, a loro volta, hanno
contribuito ad erigerne altri di tipo politico e sociale.
Lo
squilibrio tra Nord e Sud, quindi, non si è solo accentuato e diffuso tra
quelli che una volta venivano considerati Paesi del Terzo Mondo, ma anche all’interno
degli stessi Paesi dell’ex Primo Mondo, anche tra le spesse mura della “fortezza
Europa”. Il caso della Grecia è emblematico, così come lo è il fatto che, per
salvare quel paese, nemmeno la cosiddetta sinistra è bastata, anzi, essa ha
pure accelerato il suo processo di svendita e di impoverimento. Né i cosiddetti
Paesi Emergenti, quelli del BRIC, per intenderci, mostrano una progettualità
comune che tenda a configurare una alternativa di sistema a tale processo e
alla ferrea ideologia del mercato, perché, di fatto, ognuno di essi procede in
ordine sparso, avendo come priorità principale la sua autoaffermazione…sempre
nei mercati…ovviamente.
Oggi non
esiste un Paese che abbia il coraggio di presentare al mondo una ideologia, una
cultura, un progetto politico che possano andare in controtendenza rispetto a
quella che è l’ideologia globale imperante. Non è mai esistita, dunque, nella
storia dell’umanità, un’era tanto ideologicamente totalitaria. Tale, cioè, da
pervadere ogni angolo del globo con i suoi indiscutibili assunti.
Tanto che
anche scienziati come Rubbia ci vengono a dire che effetti come quello del
surriscaldamento globale non esistono, e che, se pure delle conseguenze ci
sono, esse devono essere corrette nell’ambito dello stesso sistema che
produce al contempo affari e tecnologia ed in cui, evidentemente, la tecnologia
è al servizio degli affari perché ne è finanziata.
Alla luce di
tutto ciò, e di tale ideologia globale, il referendum italiano viene interpretato
come una sorta di “meteorologia del contingente”. Si addensano nubi fosche all’orizzonte? E
allora non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo agire sulle cause di tali nubi,
ma piuttosto prepararci ad affrontare le conseguenze dei nubifragi, allestendo
rifugi adatti, come il nuovo modello di Costituzione.
Una volta il
poeta Lucrezio, constatando quanto il settarismo e il fanatismo religioso
avesse fatto, in termini di guerre, danni e sacrifici, scrisse: “tantum potuit
religio suadere malorum” (a tanto male la religione poté spingere). Oggi, nell’epoca
in cui il mercato è l’ultima religione rimasta all’umanità, potremmo dire lo
stesso: “tantum potuit negotium suadere malorum” (a tanto male spinge il
mercato)
Purtroppo,
anziché considerare certi mali metereologici diretta conseguenza dei mali
economici, oggi si tende a fare l’inverso, e cioè a considerare ineluttabili
certi mali economici, perché sono conseguenza di un assetto mondiale
contingente che non ha né vuole trovare a se stesso alcuna alternativa.
Esattamente come non si trova alcuna alternativa ad un clima meteorologico.
Da ciò
consegue che certi leader politici sono investiti sempre di più, non tanto di
un potere che deriva loro dal consenso della sovranità popolare, ma dalla
ferrea necessità che interpretino la meteorologia del contingente dei mercati,
al meglio delle loro possibilità, costi quel che costi, e senza tanto stare a
badare alle conseguenze sociali e politiche del loro paese.
Un tempo l'assolutismo prevedeva che si fosse Re per grazia di Dio (che pure una morale doveva averla), oggi impone che si governi per grazia del Mercato (che una morale non l'ha mai avuta).
Un tempo l'assolutismo prevedeva che si fosse Re per grazia di Dio (che pure una morale doveva averla), oggi impone che si governi per grazia del Mercato (che una morale non l'ha mai avuta).
Ecco perché,
ad essi c’è sempre meno alternativa, ecco perché in tale ferrea ideologia del
contingente, più o meno, i governanti si assomigliano tutti e, chi più e chi
meno, prendono tutti le stesse decisioni.
Chi non lo
fa o chi non si adegua, viene tacciato di populismo e di inconsistenza
politica, questo anche perché, chi si oppone spesso si muove dentro le
stesse coordinate di sistema, strillando solo un po’ di più, e senza avere una
cultura ideologica e politica realmente alternativa.
Siamo
arrivati al paradosso che la vera cultura antiideologica, oggi, è quella della
nostra Costituzione.
Essa, infatti,
mette al primo posto la sovranità popolare e nazionale, quando entrambe sono
sempre più surclassate dalla ideologia dei mercati, essa mette in risalto la
dignità del cittadino, quando il cittadino tende a trasformarsi in nuovo
suddito dell’ordine dei mercati, essa assume come priorità assoluta la pace,
quando le guerre sono sempre più ritenute necessarie ad esportare questo ferreo
modello ideologico mercantilista ovunque nel mondo e a rafforzare quel dominio
e quel muro che è rappresentato dal debito crescente dei paesi poveri. Essa è
fondata sul lavoro, quando il lavoro deve invece diventare solo il complemento
di sistemi produttivi basati sulla speculazione
La nostra
Costituzione, per questo, non solo è diventata scomoda, ma persino eversiva. Ed
è tale motivo che rende il suo cambiamento indispensabile, per non condannare l’Italia
al ruolo di paese “canaglia” verso i mercati.
Tutto
diventa, in tale prospettiva “relativo”, tranne la necessità che lo stesso
relativismo con cui si prospetta la flessibilità delle regole a seconda delle
esigenze speculative, venga messa in discussione.
Il quadro
drammatico di tale assetto è stato con molta efficacia dipinto da Papa
Francesco nella sua “Laudato sì” :
“La cultura
del relativismo è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di
un’altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o
riducendola a schiavitù a causa di un debito. E’ la stessa logica che porta a
sfruttare sessualmente i bambini o ad abbandonare gli anziani che non servono
ai propri interessi. E’ anche la logica interna di chi afferma
che: lasciamo che le forze invisibili del mercato regolino l’economia, perché i
loro effetti sulla società e sulla natura sono danni inevitabili. Se
non ci sono verità oggettive o principi stabiliti, al di fuori della
soddisfazione delle proprie aspirazioni e delle necessità immediate, che limiti
possono avere la tratta degli esseri umani, la criminalità organizzata, il
narcotraffico, il commercio di diamanti insanguinati e di pelli di animali in
via di estinzione? Non è la stessa logica relativista quella che giustifica l’acquisto
di organi dei poveri allo scopo di venderli o di utilizzarli per la
sperimentazione, o lo scarto di bambini perché non corrispondono al desiderio
dei loro genitori? ....perché quando è la cultura che si corrompe e non si
riconosce alcuna verità oggettiva o principi universalmente validi, le leggi verranno
intese solo come imposizioni arbitrarie o come ostacoli da evitare.”
“le leggi
verranno intese solo come imposizioni arbitrarie o come ostacoli da evitare”
..o necessariamente da cambiare ed adeguare alle esigenze di quel contingente
relativo dei vari stati che è al servizio del contingente assoluto del mercato
globale, della Mammona imperante.
Dietro il
cambiamento profondo della nostra Costituzione c’è da una parte l’ammissione
dell’incapacità degli italiani di potersi migliorare civilmente e moralmente,
applicando le migliori regole che si siano mai date nel corso della loro
esistenza, e dall’altra, il trionfo di quel relativismo che oggi propizia
questo mutamento e, in un domani non lontano, ne potrebbe portare un altro,
fino a snaturare del tutto le regole stesse. C’è l’esecuzione dell’ordine dei
mercati di correre sempre di più restando fermi su di un tapis roulant che non
ci porta da nessuna parte, perché continueremo a subire ancor meglio direttive
militari ed economiche stabilite da altri che troveranno modo di farle eseguire
da un numero minore e più obbediente di loro referenti parlamentari, legittimati
da un voto popolare sotto ricatto permanente, tutto ciò correndo su un nastro
sempre più veloce con il rischio di cadere in ogni istante.
C’è la
trasformazione criptica del cittadino in quel suddito che assomiglia tanto al
pollo che guarda sempre con riconoscenza chi gli porta il becchime, fino alla
vigilia del giorno in cui egli entrerà nel suo pollaio plaudente per tiragli il
collo…tanto non c’è alternativa, tanto…ce lo dicono i mercati.
Alla
prospettiva delle “galline in fuga” e della "pollificazione costituzionale" diciamo NO, prima che sia troppo tardi.
C.F.
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