Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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venerdì 13 ottobre 2017

Dopo il Che, come e più del Che: Thomas Sankara vive!





                        
                                  di Carlo Felici 


Non si è ancora spenta l'eco delle commemorazioni del cinquantenario della morte del Che, che dovrebbe iniziare la celebrazione di un altro straordinario Comandante-Presidente che fu, in tutto e per tutto, allievo del Che in Africa. Eppure, stentiamo a vedere manifesti o altro che lo riguardi.

Perciò, per quanto ci è possibile, cerchiamo di colmare questo vuoto, forse dovuto al fatto che questo altro grandissimo personaggio del XX secolo è andato ancora più avanti, nel suo progetto di contestazione globale dell'imperialismo e del capitalismo, rispetto al Che, in una realtà più vicina a quella nostra contemporanea, e pertanto risulta ancora più “scomodo”

Thomas Sankara fu assassinato 30 anni fa, dopo avere cambiato radicalmente il volto e persino il nome del Paese di cui fu Presidente, dal 1983 al 1987. Fu inzialmente Primo Ministro di un governo che lo epurò e lo mise in prigione per le sue idee alquanto controcorrente, dopo soli quattro mesi dal suo insediamento. Ma, in seguito a tumultuose rivolte popolari, dopo essere stato liberato a furor di popolo, si prese la rivincita impadronendosi del potere con una rivoluzione armata.

Si insediò in uno dei più poveri paesi africani, con un progetto ambiziosissimo che entrò nella nuova Costituzione: rendere felice il suo popolo. Innanzitutto cambiò nome a quello che allora si chiamava Alto Volta, una vecchia colonia francese sottomessa in tutto e per tutto a nuove forme di neocolonialismo che l'avevano resa completamente dipendente dalle importazioni, e con un debito crescente di proporzioni catastrofiche.

Chiamò quel paese Burkina Faso, la “terra degli uomini liberi e integri”, con lo scopo di risollevare le sorti del suo popolo, sottraendolo non solo al colonialismo economico, ma anche a quello culturale. Diceva infatti Sankara: “Per l’imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità”