Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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lunedì 18 dicembre 2017

GUERRA CIBERNETICA NUOVE FORME DI GUERRA





Leonardo Boff*

Conosciamo le forme classiche di guerra, un tempo ingaggiate tra eserciti e, dopo Hitler, (con la sua “totaler Krieg” = guerra totale) di popoli contro popoli. Sono state inventate bombe nucleari così potenti che potrebbero distruggere tutto ciò che è vita sulla Terra. Si dice che erano armi di dissuasione. Non importa. Chi ha per primo l’iniziativa, vince la guerra che durerebbe pochi minuti. Il problema è che sono talmente letali che possono uccidere tutti, anche quei primi che le hanno lanciate. Sono diventate armi spauracchio. Ma attenzione, la sicurezza non è mai totale e non è impossibile che qualcuna di queste esploda sotto l’azione degli hackers mettendo a rischio gran parte dell’umanità.
Ultimamente è stata inventata un’altra forma di guerra che le grandi maggioranze non ci badano nemmeno: la guerra cibernetica, chiamata anche guerra informatica, guerra digitale e cyberguerra.
Questa poggia su uno sfondo che merita di essere considerato: esiste un eccesso di accumulazione di capitale al punto che le grandi corporazioni non sanno dove investirlo. L’agenzia di politiche dello sviluppo, Oxfam, presente in 94 paesi, e assessorata da scienziati del MIT, ci ha fornito per quest’anno 2017, i seguenti dati: 1% dell’umanità controlla più della metà della ricchezza del mondo. Il 20%  più ricco possiede il 94,5 %  di questa ricchezza mentre 80% deve rassegnarsi con il 5,5%. Ecco una profonda diseguaglianza che tradotta eticamente significa ingiustizia perversa.

Questa eccessiva concentrazione non ha senso in applicazioni produttive perché il mercato impoverito non ha la possibilità di assorbire i suoi prodotti. O continuano nel girotondo speculativo aggravando il problema o trovano qualche altra soluzione con il sistema rateale. Parecchi analisti, tra gli altri, William Robinson dell’università della California, santa Barbara, che ha pubblicato un brillante studio sul tema, ma anche Nouriel Rubini il quale ha previsto la crisi del 2007-2008. Questi ci suggeriscono due soluzioni per il capitale ultraconcentrato: investire nella militarizzazione alle dipendenze dello Stato, costruzione di nuove armi nucleari oppure investire in guerre locali, guerra contro la droga, per costruzione di muri di frontiera, nell’invenzione di nuovi apparato di polizia civile e militari.
Oppure grandi investimenti in tecnologia, robotizzazione, automazione massiva e digitalizzazione fino a coprire, se possibile, tutti gli ambiti della vita. Se nel 1980 l’investimento era di 65 miliardi adesso è passato a 654 miliardi. In questo investimento sono previsti sevizi di controllo delle popolazioni, vero Stato poliziesco e le guerre cibernetiche.
Conviene analizzare più dettagliatamente gli aspetti di questo problema. Nella guerra cibernetica non si usano armi fisiche, ma il campo cibernetico con l’utilizzazione di virus e hackers sofisticati che entrano nelle reti digitali del nemico per annullare o eventualmente danneggiare sistemi informatici. Gli obiettivi preferiti sono le banche, i sistemi informatici e militari e l’intero sistema di comunicazione. I Combattenti di questa guerra sono specialisti in informatica e telecomunicazioni.
Questo tipo di guerra è stato testato varie volte; già nel 1999 nella guerra del Kossovo, dove gli hachers attaccarono persino la portaaerei nord-americana. Forse il più conosciuto è stato l’attacco alla Estonia il giorno 26 aprile del 2007. Il paese si vantava di possedere quasi tutti i servizi del paese informatizzati e digitalizzati. Un piccolo incidente mentre si abbatteva la statua di un soldato russo, simbolo della conquista russa nell’ultima guerra, ai civili dell’Estonia, servì come occasione alla Russia di scatenare un attacco cibernetico che paralizzò praticamente tutto il paese: i trasporti le comunicazioni il servizio bancario, il servizio di luce e acqua. Nei giorni seguenti scomparvero i siti del parlamento, delle università e dei principali giornali. Gli interventi partirono da diecimila computer, distribuiti in varie parti del mondo. Il capo dello Stato dell’Estonia dichiarò, centrando il problema: “Noi vivevamo nel futuro: banche on line, notizie on line, Test on line, shoppings on line. La digitalizzazione totale aveva reso tutto più rapido e più facile, ma aveva anche dimostrato la possibilità di farci regredire di secoli in una manciata di secondi.
Ben conosciuto è il virus Stuxnet, probabilmente creato da Israele e USA, che è riuscito a penetrare nelle centrali di arricchimento dell’uranio dell’Iran, aumentandone la velocità fino a farlo scoppiare e impedirne il funzionamento.
Il rischio maggiore della guerra cibernetica è che può essere diretta da gruppi terroristici come l’ISIS o da un altro paese, paralizzandone tutta la infrastruttura, degli aereoporti dei trasporti delle comunicazioni, dei servizi di acqua e luce e anche aprirsi un varco nei segreti degli apparati di sicurezza di armi letali e farle scoppiare o inutilizzarle. E tutto questo a partire da centinaia di computer che funzionano a partire da differenti parti del pianeta, senza che sia possibile identificare il loro luogo e così affrontarle.
Siamo pertanto di fronte a rischi innominabili, frutto della ragione impazzita. Soltanto una umanità che ama la vita e si unisce per preservarla si potrà salvare.
 
*Leonardo Boff è Columnist del JB on line e ha scritto Cuidar da Terra, proteger a vida: come escapar do fim do mundo, Record 2010.

Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato

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